lunedì 31 marzo 2014

Mamme blu pavone


Ma quanti anni ho? Quando la smetterò di fare la ragazzina! In metropolitana ho visto una con solo le punte dei capelli verde-blu. Pensiero immediato: le voglio anch'io. E dimentico subito che ho trent'anni e non 16, scrivo di economia e non di cultura underground, vivo Roma e non a Berlino e... Aspetto un figlio!

Un secondo dopo mi ripijo (riprendo, per chi vive al di fuori del Sacro Gra) e immagino la faccia del mio capo quando con capelli color pavone e tunicone hippy gli dico che aspetto un bambino, poi lo saluto per andare a intervistare (che so) il ministro del Tesoro? Il presidente di Confindustria? O qualche altro allegro simpaticone. Forse potrei puntare sull'effetto sorpresa.

I capelli blu per me sono un'antica passione. Una volta, a 15 anni, ho anche provato e seguirla e, in vacanza a Londra con gli zii, ho comprato una poltiglia dall'accattivante color pavone. L'ho messa sui capelli senza decolorarli (un genio) e come risultato sono venuti verdone scuro e marroni a chiazze, come un bosco arruffato. Ci hanno messo settimane a tornare normali.

Ps La metà del quarto mese si avvicina, la pancia spesso alla sera è gonfia e dolorante, soprattutto se sono molto stanca. Ho preso quasi 3 chili.
Forse è il momento di fare coming out al lavoro. Non so immaginare la reazione, qualche tempo fa, chiacchierando con il capo mi è uscito:
- Mi ha trattato come se avessi 16 anni...
Ha risposto:
- Perché, quanti ne hai?

mercoledì 26 marzo 2014

I mondiali di parkour col pancione


Avete presente quello sport dove devi raggiungere il più velocemente possibile il traguardo saltando tra i tetti, volando sui corrimano delle scale, atterrando sui tetti delle macchine? Il parkour, o qualcosa del genere. Ecco, le mie giornate, in questi tempi, sembrano i mondiali di parcours.

Esci appena in tempo, ti fionda dalle scale perché l'ascensore è occupato, fai slalom tra le auto per attraversare la strada (le strisce queste sconosciute), corri dietro all'autobus per una fermata, sali al volo, sballottoli per qualche chilometro finché raggiungi un posto libero, ti siedi e in quel momento realizzi... Che hai dimenticato a casa il telefono.

Aggiorni il percorso, scendi al volo mentre l'autista sta chiudendo le porte. Zompi su un altro autobus, poi la metro, poi corri. Casa, ascensore (stavolta libero, per fortuna), telefono, bicchiere d'acqua, e di nuovo giù. Sono le 10.18 e mi sento pronta per andare al letto. E invece ancora non ho iniziato a lavorare.

La settimana scorsa, il mercoledì mi sono chiesta che giorno era convinta che fosse venerdì. Questa settimana mi è successo di martedì. La prossima temo che già lunedì ne avrò avuto abbastanza.
Sono tentata di alzare bandiera bianca e dire in redazione che sono incinta appellandomi alla clemenza della corte, nella speranza che mi assegnino servizi un po' meno impegnativi fisicamente.

Sto lavorando tantissimo e faccio la pallina del flipper tra tre o quattro posti diversi al giorno. Il mio obiettivo era resistere fino alla 20esima settimana prima di dare l'annuncio al Grande Capo e confidavo nei superpoteri del secondo trimestre per raggiungerlo, ma sembra che non bastino più.

Ps Ho fatto il bi-test, il rischio di sindrome di down e simili è minimo! E che bello vedere Piccolé che si muove. Pensavo avesse ancora movimenti da girino e invece... Prima faceva ciao con la manina, poi le metteva tutte e due a coprire il volto come giocando a nascondino, poi incrociava le zampette. Incredibile!


 La dottoressa ha detto che potrebbe essere una bambina e, ora che ha un sesso, mi viene molto più facile immaginarla come una personcina vera, con una sua identità. Ho iniziato a parlarle (soprattutto per chiedere scusa di tutti gli sballonzamenti, sai com'è quando una ha i mondiali da conquistare!).

Nella foto una mia prova di parkour nella giungla con tanto di liana di 20 metri
(era gennaio. Sì, ero già incinta, ma ancora non lo sapevo).

domenica 23 marzo 2014

Effetti collaterali di Italo Calvino


Ho sposato senza dubbio un personaggio di Italo Calvino. 

A. è Marcovaldo quando si aggira per la città con il naso per aria a cercare i segni del cambio delle stagioni tra le fronde degli alberi. Quando rimane incantato a guardare i volteggi degli storni mentre, intorno a lui, tutti corrono a proteggersi prima che inizi il letale "bombardamento". Quando trova più simpatiche le capre della grande maggioranza del genere umano e nelle cortecce il migliore soggetto per una foto. 

Ma è anche il Barone Rampante. Ha una piccola attività di giardinaggio e la cosa che gli piace di più è arrampicarsi sugli alberi con le corde, come se fossero montagne, e capire da lassù in cima di che cosa hanno bisogno. Dopo una giornata intera tra i rami torna a casa molto più riposato di quando ha lavorato tutto il tempo al computer (e pretende anche che gli fa meno male la schiena).

È infine il Cavaliere inesistente quando sparisce per giorni tra i suoi alberi e i suoi pensieri senza dare segni di vita (o quando c'è un qualsiasi campionato di rugby, che lui giochi o meno). 

Essere sposata con un rustico eroe calviniano è divertente, affascinante ma ha anche degli effetti collaterali. E' così che per fare il Grande annuncio alla mia famiglia, davanti a decine di zii, cugini e nipoti che, come succede almeno una volta al mese, si erano riuniti in una casa a turno occupandone ogni buco disponibile, ha pensato bene di prendere in mano la situazione:

- CHIARA VI VUOLE DIRE CHE E' GRAVIDA -

Ha detto, come se fossi una mucca, una capra o una cavalla qualsiasi. Il fatto è che non mi posso nemmeno offendere, per lui è sicuramente un complimento.


Ps E' di nuovo domenica, A. è partito prima del solito per andare a trovare i genitori vicino Varese, diluvia e mi annoio un po'. Unica nota divertente è che c'è stata la maratona di Roma e, al ritorno dalla stazione, ho incontrato decine di corridori intirizziti, avvolti in coperte di carta stagnola. Poveri, più che maratoneti sembravano alluvionati!



martedì 18 marzo 2014

Con ogni mezzo (pubblico)



Vivo a Roma, lavoro in centro e non ho il motorino. Ecco perché sono uno dei rarissimi romani over 16 e under 75 che prendono i mezzi pubblici.
Gli autobus, in particolare, sono il dominio esclusivo di studentelli, nonnetti, immigrati (tre categorie spesso in lotta tra loro) e intrepidi turisti che affrontano i mezzi nonostante:

1 sia semplicemente impossibile scoprire dove comprare i biglietti,
2 abbiano la pessima abitudine di non aggiornare l'insegna luminosa con il capolinea, per cui è facilissimo prenderli nella direzione sbagliata, anche perché
3 nessuno dei passeggeri fa il minimo sforzo per parlare inglese. Direi lo stesso degli autisti, ma non sono sicura se è un problema di lingua o è solo che sono troppo impegnati a parlare al cellulare mentre guidano.

Il romano tipo si tiene lontano dai mezzi pubblici come se fossero animali infetti e pericolosi. Ecco perché, forse, non mi avrebbe dovuto stupire più di tanto la scena di oggi. L'autobus è semivuoto, alla fermata salgono due ragazzi sui 25 anni, abbracciati. Lei si siede, esitante, lui - impavido, un po' ciccio, con tatuaggio tribale sul collo - si avvicina all'autista e riesce a distrarre la sua attenzione dal telefonino.

- Può guidare il più piano possibile che lei è incinta? -, gli fa. L'autista grugnisce. Guardo la ragazza e la sua pancetta poco più grande della mia, l'aria da panico di chi non sta su un autobus, ma sull'Apollo13. Lui la raggiunge e la stringe forte per farle coraggio. Non avevo mai pensato che la mia vita fosse così avventurosa.

venerdì 14 marzo 2014

Aspettando Wonderwoman


Ci siamo, il primo trimestre è quasi finito. Una mia amica pluririprodotta mi ha promesso:  "Ora inizia la fase Wonder Woman"! Basta nausea e catalessi, anzi arrivano i superpoteri. Io mi sono attaccata a questa speranza e non la mollo. 

Già penso agli ultimi viaggetti da teen ager fuori tempo massimo, a Londra con le amiche, magari anche a una o due fughe romantiche con A. E ovviamente a trasformarmi in Indro Montanelli, così che quando (il più tardi possibile, please) dovrò dire in redazione che sono incinta, a nessuno verrà in mente nemmeno per un secondo di lasciarmi a casa.

Anzi, siccome sto leggendo proprio un libro di Indruccio e sto facendo fatica a concentrarmi bene sul lavoro, a volte me lo immagino come un fantasmino appollaiato sulla mia spalla che mi sprona o mi cazzia: "Giornalista da burletta! Rammollita! La seconda domanda, incalza ORA con la seconda domanda". Chissà se funziona. Nel mio scenario ideale io inanello una serie di scoop pazzeschi nei prossimi quattro-cinque mesi e campo di gloria finché il pupo non va al nido. Bello sognare.

Non sono proprio bravissima ad accettare critiche e consigli, ma con il mio mini-Indro è diverso. Lui provo a starlo a sentire, mentre gli altri li strozzerei in questi giorni. Tutti a dirmi che cosa devo o non devo fare. L'altra sera, alla prova dell'abito da sposa di F., mi hanno persino vietato una tartina con l'aragosta di Antonini, che la prossima volta mi ricapiterà a tiro tra una vita. E che noia sentir parlare sempre di gravidanza e bambini. Sono strana io, la solita mamma degenere?

ps Tra poco farò il bitest per vedere se il picoletto è sano, anche se forse preferirei non sapere niente fino alla nascita. Per farmi un piantarello ho trovato intanto un video dove bambini down dicono alle future mamme di non aver paura, perché i loro figli saranno felici (eccolo qui Non avere paura). 

mercoledì 12 marzo 2014

La strage delle mamme Disney


Pensavo… Forse non è poi così strano il senso di spaesamento che mi prende ogni volta che penso al futuro e a cosa sarà la mia vita dopo che nascerà il Girino. Del resto, per una come me cresciuta a pane e cartoni, dire che mancano modelli di mamme belle e felici è poco. 

C'è una cosa che accomuna quasi tutte le mamme dei cartoni animati: muoiono.
A volte la tragedia avviene in diretta come nel sadico Bamby, oppure rimane sullo sfondo lasciando il palcoscenico alle terribili matrigne. Del plotone degli orfani fanno parte Cenerentola, Biancaneve, Jasmine, Nemo, Semola, Belle e tanti altri.

Quando anche la mamma c'è, ha l'abbandono facile. Quella della Bella Addormentata, di fronte alle minacce di Malefica, pensa bene di mandare la piccolina a vivere nel bosco affidata a tre nonnette litigiose e arteriosclerotiche. Quella della Sirenetta risulta dispersa (o è forse il gambero Sebastian in una modernissima famiglia omosex?). Quella di Peter Pan lo lascia scappare nell'Isola che non c'è. Quella di Mogwli se lo perde addirittura nella giungla, il massimo dell'inaffidabilità.

L'unico modello positivo di mamma Disney che mi viene in mente è Duchessa, quella degli Aristogatti. Non solo riesce a salvare i suoi cuccioli e a riportarli a casa ma nel frattempo trova anche il tempo di conquistare Romeo er Mejo der Colosseo, addomesticarlo e unirsi per una notte a un gruppo di musicisti vagabondi. Niente male come proposito.


ps Qui tutto bene. Ho letto che il piccoletto sta assumendo in queste settimane un "aspetto antropomorfo", lo dicevo io che fino ad ora era un Girino! Ho letto anche che dopo la nascita del primo bambino, il reddito di una famiglia diminuisce del 20-25%, che paura!
Intanto continuano a moltiplicarsi occasioni di lavoro poco compatibili con la panza. Forse finora ho sottovalutato come sarà incastrare pupo e lavoro (e prima o poi trovare anche qualcuno che mi assuma "davvero", cosa che non sarebbe male!). A. invece e felicissimo e continua a chiedere: Ne facciamo un altro?

sabato 8 marzo 2014

La chiamarono Stalingrado



Non so se sono le super tette che mi sono spuntate con la gravidanza o le leggende metropolitane sulle donne incinte affamate di sesso, ma A. negli ultimi tempi si aggira per casa come un puma pronto all'assalto (forse, visto la stazza di 100 kg, dovrei dire un grizzly). Io non mi sento molto diversa dal solito da quel punto di vista… ma dopo ogni assalto andato a buon fine, A. ha preso a chiamarmi "Stalingrado" per la mia resistenza inesistente. Sarà che la leggenda metropolitana ha un fondo di verità o che, tenta che ti ritenta, arriva la volta buona? Ai posteri l'ardua sentenza.

giovedì 6 marzo 2014

Coming out


Passano le settimane, e la voce si diffonde. Solo a lavoro l'argomento Panza resta tabù. Intanto tra agguati, trabocchetti, sorprese, mai avrei immaginato che il coming out sarebbe stato così movimentato. 

La STREGA - Incontro S. alla libreria della stazione, faremo il viaggio da Milano a Roma insieme e quale occasione migliore per l'annunciaziò? Ha un libro in mano "Rimedi letterari per ogni malanno" o qualcosa del genere. - Ti faccio vedere come funziona! - mi fa, e apre una pagina a caso. "Gravidanza" si legge a caratteri cubitali e sotto una serie di romanzi da leggere in dolce attesa. 
- Mi vuoi forse dire che sai qualcosa? - dico sbirciando in basso la mia panzetta che inizia a spuntare. 
- Nooo! Che dici, io non sono incinta - ride lei. 
- Ma io SIIIIIÌ! - ribatto. 
In tutto questo non ci accorgiamo che stiamo occupando un passaggio abbastanza stretto e c'è un signore che vorrebbe passare. - Bè, congratulazioni! - interviene brusco scostandoci da una parte.

L'INTERROGATORIO - Stiamo raccontando a M. e G.la nostra luna di miele. Ancora non abbiamo deciso se confessare il fattaccio oppure no. Finiamo di guardare le foto dell'Ecuador, e iniziano le domande. - E ora, quale sarà il prossimo viaggio esotico? -. Io provo a svicolare, A. fa partire la fantasia - Iran? Bolivia? - Mi spaventa, tento di riportare un po' di buon senso - Piuttosto direi Grecia, Sicilia… Romagna? - dalle loro facce capisco che ci hanno tanato.

Il GEEK - Vive con A. a Milano, ma principalmente dentro il suo computer. Anche quella sera è presissimo dallo schermo, A. gli gira intorno cercando le parole. All'improvviso l'idea: prende il cellulare e gli scrive in chat su Facebook. - Va' che sono incinto! -. Messaggio consegnato.

La MESSA FUNEBRE - È l'anniversario della morte di una mia amica, siamo come ogni anno alla messa in sua memoria con gli occhi lucidi e il cuore pesante. Vedo I. e non resisto alla tentazione di darle proprio in quel momento una buona notizia. Quello che non avevo considerato è che ci mettiamo a saltare abbracciate nel corridoio centrale della chiesa, mentre il parroco e alcuni vecchi ci guardano storto.

L'ORGANIZZATRICE - Siamo a una cena e voglio dirle assolutamente che sono incinta. Solo a lei però, così l'accompagno in bagno. Lei non si scompone - Dammi quattro mesi e mi ci metto pure io a fare un bambino -, promette con un occhio all'agenda.